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L'opera di Leonardo Galliano dagli anni Novanta al 2011
Più che verso un'uniformità stilistica condotta in un'unica direzione la ricerca di Leonardo Galliano si sviluppa in strade talvolta parallele, in percorsi intrecciati in cui il dato di coerenza è rappresentato, nonostante le variazioni linguistiche, da una sensibilità ora incisiva ora più delicata, dalla serietà dell'impegno nella ricerca artistica, dalla spiccata tendenza alla sperimentazione su piani, segni, superfici, materia, cui si unisce il costante riferimento alla storia dell'arte, un riferimento etico più che anacronistico.
Originario della città di Terracina, ove nasce nel 1954, Galliano si trasferisce in Sicilia, ad Agrigento, dove conclude la sua prima formazione. Qui si iscrive al Liceo Artistico Michelangelo e vi resta per qualche anno nutrendosi dei colori e delle atmosfere di questa "terra divina" , non priva di contraddizioni, La valle dei templi, "eterne dimore degli dei", le rive da cui esala intenso l'odore degli aranci in fiore, le distese dell'azzurro che avvolge il mare come fosse cielo, i segreti di una terra piena di malinconia in cui "le strade a scalini sembrano pavimentate con denti aguzzi"; tutte queste "impressioni" restano nella memoria di Leonardo anche dopo il suo ritorno a Roma e i suoi numerosi viaggi - tra cui Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Liegi - risuonano nella solarità squillante dei gialli, nelle sonorità degli aranci e degli ocra, Il mio Sud del 1992 ripercorre in qualche modo questa esperienza, la rende tangibile nei segni netti e recisi, negli andamenti spigolosi e disarmonici, in cui l'elemento-segno caotico del carboncino riporta alla durezza del paese, pietra lavica su cui ancora sorge la ginestra; un ricordo che si serba dentro e che riaffiora negli aranci in primo piano e nelle riemersioni del fondo giallo, date da un segno graffiante, chiamato a dissotterrarne la memoria di luce, Il mio Sud è pertanto un ripensare il proprio percorso a partire da un punto che può dirsi decisivo, quello dell'inizio della via della pittura, intrapresa con dedizione convinzione profonde.
Di questi ritorni è in realtà pervasa tutta l'arte di Galliano, impegnata in ricerche quasi differenti, in percorsi parabolici e complementari che si integrano poi definendo svolte e passaggi, differenti soluzioni in cui risolvere il rapporto con l'esterno. Se la principale produzione degli anni Novanta è ancora legata ad un espressionismo drammatizzante e primitivo, ad una fitta texture che satura l'intero spazio del supporto e ad una dirompente gestualità (è il caso di Forma, gesto, segno, in cui la forma tenta ancora di svincolarsi dall'azione totalizzante del colore) è intorno alla fine del decennio che invece Galliano approda ad una costruttività più ponderata e riflessiva, alternata in alcune fasi alla prima; una linea che si concretizzerà appieno a partire dal 2000, interessando anche le opere più recenti. Lo scarto si determina dal 1998, anno in cui l'asse verticale inizia a configurarsi come perno della composizione. È da questo momento che porzioni di piani talvolta rafforzati da cromie più robuste, si accostano seguendo un andamento centrale-ascensionale, che dal limite basso della tela arriva sin oltre la metà superiore, definendo la sfera d'azione degli interventi successivi.
Questa riconquistata regolarità si avvertirà in seguito anche nella scelta del formale, per lo più tendente al quadrato nelle opere di piccole dimensioni, in cui l'autore conserva una costruzione centralizzata di elementi segnici e forme simboliche ridotte ad estrema sintesi, che roteano come magneti planetari intorno al nucleo centrale con chiara valenza storico-sociologica. Il linguaggio a cui approda Galliano é difatti un aggregato di segni e frammenti di piani, di interazioni e interpretazioni in cui si coniugano richiami al collage cubista mediati in parte dall'automatismo surrealista e dalla metafisica morandiana, riconoscibile nelle conformazioni ovoidali di alcuni elementi formali. Come mondi isolati gravitanti attorno ad un centro, questi elementi si comportano come realtà esistenziali a se stanti, la cui relazione è istituita mediante un gioco ponderatissimo e controllato di equilibri, di accordi e corrispondenze ora tonali ora segniche, definendo veri e propri "ambienti", Ambiente J del 2007 costituisce un brano di questa serie in cui la lettera "J" è valore significante, indice o grado che individua una data realtà, un sistema la cui variabilità è data dal cambiamento dei contesti - siano essi piani, colori o superfici - e della loro interferenza sui singoli segni e sul costituirsi delle loro relazioni e funzioni e viceversa. Il quadro diviene pertanto il luogo di questa aggregazione, "un organismo sostanzialmente in equilibrio" in cui la relazione è parte immutabile e necessaria, legge "oggettiva"; a cambiare è il senso, cioè il modo di questa relazione, le variazioni di toni e le qualità dei segni che ivi si organizzano secondo un processo logico- intuitivo.
A precedere cronologicamente gli Ambienti sono invece le Composizioni altra serie cui Galliano si dedica già dal 2000 e che nella maggior parte dei casi vede l'impiego e l'utilizzo di carte riciclate assemblate a collage sulla base delle loro intrinseche proprietà cromatiche. Queste tipologie di composizioni rappresentano pertanto un altro aspetto della sua ricerca, quella dell'esplorazione delle qualità della materia e delle sue possibilità estetiche, in un processo che unisce diverse matrici, da quella lirica kandinskiana a quella delle Composizioni mondriane sino alle possibilità aperte dall'arte povera e dall'informale materico di Burri, Resta stretto tuttavia il nesso con i lavori più propriamente pittorici, non solo per l'assetto geometrico dei piani, che costituiscono la base preparatoria, il "sotto" di tutta la sua ultima produzione, ma soprattutto per le costanti allusioni al segno, visibili negli strappi ricomposti delle carte o in interventi pittorici diretti in forma di sottili velature. È il caso ad esempio di Composizione grigio/azzurra nata dallo smembramento e dalla ricollocazione di frammenti di un'opera precedente o di Composizione Luna in cui alla levità d'una fìguralità onirico-liciniana si accosta una banda materica di gesso dipinto, in un 'incontro di forte ascendenza poetica.
Più legate ad una complessità segnico-pittorica sono invece le Composizioni del 2004 e del 2007, l'una in cui lo sviluppo in verticale è ancora reso da una scansione per piani in aggiunte progressive, nei quali il segno funge da elemento di raccordo; l'altra, che pur nella spiccata centralità, anticipa gli esiti delle pitture più recenti, caratterizzate da addensamenti organici di gruppi tematici che si coordinano lungo un'ipotetica asse centrale con un effetto scultoreo che mira quasi al monumentale. Frammenti di percorso 1, 2, 3, 4 realizzati tutti nel 2010 rappresentano la punta massima di questo percorso designando un ulteriore passaggio nella poetica di Galliano. È in queste opere difatti che gli elementi segnici e formali seguono l'andamento di una struttura portante stagliandosi in primo piano su un solenne sfondo omogeneo; con la forza di un simbolo totemico questa colonna aggregante di saperi assurge a emblema della propria struttura interiore, delle proprie conoscenze e attraversamenti.
Ma al di là di queste evoluzioni, sia formali che contenutistiche, la sensazione offerta da queste ultime opere resta pressoché invariata; resta cioè la percezione d'una delicatezza sospesa, di un dialogo che avviene in superficie a un passo dall'affondo, come per una sorta di alleggerimento voluto e cercato attraverso la forma ; il "fondo", il nocciolo rimane mistero insondato della vita e dell'arte, oscuro di cui si avverte il sentore senza tuttavia abbandonarvisi ma che traspare all'occhio attento nelle entroflessioni del segno, nelle ridondanze dei ritorni quasi a spirale, tensioni vive di un pensiero che nel suo salto tentato verso la leggerezza del volo porta in sé il germe della follia, dell'inspiegato. È Icaro che torna vivo alla terra e stavolta rivive la sua condizione con rinnovata coscienza, come sublimazione : la caduta è già avvenuta, dopo è necessaria una ri-composizione, il ritrovamento d'un ordine che si finge armonia risolvendosi in uno slancio trattenuto, in bilico tra cielo e ineluttabilità della terra ferma. Ecco che allora risuonano ancora le memorie siciliane, il luogo sacro delle Colonne d'Ercole, l'estremo confine del mondo, limite "oggettivo" della conoscenza.
Francesca Tuscano.